Fonte: Instagram: brunopizzulthevoice1 https://www.instagram.com/p/DGz2_wgo_F6/

In un’era dove la frequenza e l’intensità delle emozioni possono essere amplificate dalla voce di chi narra gli eventi, pochi hanno saputo elargire passioni e sentimenti attraverso il semplice uso delle parole come ha fatto Bruno Pizzul. La sua recente scomparsa ci lascia non solo privi di uno dei più emblematici narratori del calcio italiano, ma anche di un personaggio capace di intessere trame emozionali intorno al gioco del calcio come pochi altri.

Ricordo di un maestro di parole

Bruno Pizzul, che avrebbe raggiunto l’età di 87 anni tra poco, ci ha lasciato dopo essere stato ricoverato all’ospedale di Gorizia. Nato a Udine nel 1938, Pizzul ha iniziato il suo viaggio nel mondo del giornalismo entrando nella Rai nel 1969, e un anno dopo ha commentato la sua prima partita di calcio. La sua voce ha rappresentato un punto di riferimento per il calcio, soprattutto a partire dai Mondiali del 1986, dove è divenuto la voce ufficiale della Nazionale italiana di calcio.

Un narratore sobrio ed elegante

Lo stile narrativo di Pizzul era inconfondibile. Impiegava un linguaggio ricercato ma mai eccessivo, in grado di trasmettere chiaramente le emozioni delle partite. Pur non avendo mai potuto celebrare una vittoria importante della Nazionale – gli atti conclusivi persi nei Mondiali del 1994 e negli Europei del 2000 ne sono una testimonianza -, il suo modo di commentare rimane un esempio di come il calcio possa essere raccontato con garbo ed eleganza. Pizzul si è distinto anche come conduttore televisivo, conducendo programmi di punta quali la Domenica Sportiva e Domenica Sprint, dimostrando versatilità e professionalità al di là del campo da calcio.

Un commento nelle difficoltà

Anche nei momenti più tragici, la voce di Pizzul è stata capace di onorare il calcio senza mai perdere la compostezza. La narrazione della Finale di Coppa Campioni del 1985 fra Juventus e Liverpool rimane impressa nella memoria collettiva non solo per il risultato sportivo, ma anche per la tragedia che ha funestato l’evento, con 39 persone che hanno perso la vita. Pizzul seppe gestire quella cronaca con estrema sensibilità, rendendo ancora una volta onore al suo mestiere in circostanze che avrebbero voluto essere evitate.

Addio a un’icona

La scomparsa di Bruno Pizzul segna la fine di un’epoca non solo per il giornalismo sportivo, ma per l’intera cultura italiano del calcio. La sua voce ha accompagnato generazioni di appassionati, diventando quasi un amico di famiglia presente in quelle domeniche pomeriggio all’insegna del calcio. Il vuoto lasciato è immenso, ma il suo ricordo e il suo stile rimangono, come esempio di come il calcio, e lo sport in generale, possano essere narrati con passione, rispetto e amore per la parola. La sua eredità continua a vivere in coloro che hanno ascoltato, appreso e si sono emozionati attraverso le sue parole.