Napoli, 2027. Sotto il sole del Mediterraneo, le creature alate della vela moderna, gli AC75, torneranno a sfidarsi in un’arena storica, ma con un’anima profondamente rinnovata. La 38ª America’s Cup non sarà solo un’altra edizione della più antica competizione sportiva del mondo; sarà un banco di prova per una filosofia inedita, un manifesto di come l’innovazione possa convivere con la sostenibilità, l’efficienza e, per la prima volta in modo così incisivo, l’inclusione. A tracciare la rotta di questo nuovo corso è una delle menti più brillanti del design nautico, Dan Bernasconi, direttore tecnico di Emirates Team New Zealand, il team che detiene il trofeo e il privilegio di definirne le regole. Dalle sue parole emerge una visione lucida e pragmatica, un piano per rendere la Coppa America più equa, più responsabile e, soprattutto, più spettacolare che mai. Non più una corsa agli armamenti sfrenata, ma una battaglia di ingegno e di dettagli, dove il vero progresso si nasconde nelle pieghe del regolamento.
Un vento di sostenibilità: la rivoluzione silenziosa degli scafi
Per decenni, il mantra dell’America’s Cup è stato “costruire, distruggere, ricominciare”. Ogni nuova edizione portava con sé la creazione di prototipi futuristici, spesso con budget esorbitanti e un impatto ambientale non trascurabile, solo per essere abbandonati o demoliti al termine della regata. Ma il 2027 segnerà una svolta epocale, un cambiamento radicale che risponde alle esigenze di un mondo in evoluzione. La regola più significativa, e forse la più inaspettata, è l’obbligo di riutilizzare gli scafi esistenti. Niente nuovi gusci per la 38ª America’s Cup.
Bernasconi, con la sua consueta chiarezza, spiega la logica dietro questa scelta. Non si tratta di un passo indietro in termini di innovazione, ma di un’evoluzione mirata. “Un cambiamento davvero significativo è che questa volta non costruiremo nuovi scafi,” ha dichiarato. “Così facendo raddoppieremo il valore degli scafi che abbiamo già, il che rappresenta un notevole risparmio economico per i team, ma anche un significativo risparmio ambientale.” Questa decisione non solo democratizza la competizione, rendendola più accessibile a team con budget meno illimitati, ma invia anche un messaggio potente in un’epoca in cui lo sport d’élite è sempre più sotto esame per la sua impronta ecologica. L’America’s Cup, con questa mossa, si posiziona come un leader nel campo della sostenibilità, dimostrando che la ricerca della vittoria non deve necessariamente essere a scapito del pianeta.
La decisione si fonda su un’analisi tecnica profonda. L’ingegnere britannico ha ammesso che, dopo due edizioni di sviluppo, le differenze di performance tra gli scafi sono diventate marginali. “Sebbene gli scafi siano piuttosto diversi, sono tutti ben ottimizzati aerodinamicamente e in realtà non c’è molta differenza tra loro in termini di velocità pura.” Ciò significa che l’innovazione non si è fermata, ma si è spostata altrove, in aree dove i guadagni sono ancora sostanziali. La vera battaglia di ingegneria non sarà più sul design dello scafo, che ha già raggiunto una sorta di plateau evolutivo, ma su un terreno più sottile e sofisticato: quello dei foil, delle vele e dei sistemi di controllo. È in questi ambiti che i team concentreranno il loro genio e le loro risorse economiche, trasformando l’America’s Cup da una gara di scafi a una competizione di sistemi. La regata di Napoli non sarà una rassegna di nuove imbarcazioni, ma una prova di intelligenza e ottimizzazione.
L’era dell’efficienza: la scomparsa dei Cyclors e l’ascesa dell’Ingegneria di Sistema
Un’altra novità che farà discutere e che rivoluzionerà la dinamica a bordo è l’esclusione dei cyclors. Per anni, questi atleti-ciclisti hanno alimentato con la loro forza fisica i sistemi idraulici delle barche, diventando un simbolo della fusione tra sport e ingegneria. Ora, il loro ruolo sarà sostituito da un sistema standardizzato, il Rig Electrical Power Supply (RigEPS). Bernasconi ha spiegato che questo sistema è stato progettato per “imitare la quantità di potenza che i cyclors erano in grado di generare fisicamente.”
La scelta è tutt’altro che una semplificazione. L’ingegnere ha specificato che l’energia disponibile per i velisti a bordo “non sarà illimitata.” Questa limitazione introduce un nuovo, affascinante livello di complessità strategica. I team non potranno più contare su una potenza infinita per manovre complesse e continue. La progettazione di “sistemi idraulici efficienti” diventa un imperativo categorico, e l’equipaggio dovrà gestire con intelligenza il consumo di energia. Ogni virata, ogni strambata, ogni regolazione della vela richiederà un calcolo preciso. La battaglia tecnologica si sposta dal piano muscolare a quello dell’efficienza ingegneristica e della gestione tattica. Sarà un gioco di scacchi ad alta velocità, dove la vittoria andrà al team che avrà saputo ottimizzare al meglio ogni singolo Watt di energia disponibile, dimostrando che la superiorità non si misura più in pura forza bruta, ma in acume e precisione.
Una regata di pari opportunità: l’inclusione femminile e la nuova dinamica di equipaggio
Forse il cambiamento più significativo dal punto di vista sociale e sportivo è l’obbligo di includere una donna tra i cinque membri dell’equipaggio a bordo degli AC75. Una regola che proietta l’America’s Cup nel futuro dello sport, allineandola a un movimento globale di maggiore equità. Dan Bernasconi si è detto entusiasta di questa nuova dinamica, definendola una “fantastica opportunità” per le migliori veliste del mondo.
La scelta non è solo simbolica; è un’esigenza tecnica e una sfida strategica. I team non si limiteranno a “inserire” una donna nel team, ma si chiederanno come sfruttare al meglio questo nuovo talento. “Che si tratti di una timoniera, una Flight Controller, una tattica o anche di un nuovo ruolo innovativo, credo che ci saranno delle variazioni all’interno della flotta,” ha commentato Bernasconi. Questo spingerà i team a riconsiderare i ruoli a bordo, a innovare nella distribuzione dei compiti e a valorizzare abilità diverse. Potremmo vedere un equipaggio con due timonieri, uno dei quali donna, o una donna a un ruolo chiave di controllo del volo. La regola è una diretta conseguenza del successo della prima edizione della Women’s America’s Cup a Barcellona, che ha dimostrato al mondo l’altissimo livello delle veliste. Ora, quel percorso continua, e le donne avranno l’opportunità di competere per il trofeo più prestigioso della vela.
Il vertice dell’innovazione continua e la prospettiva di Napoli 2027
Nonostante i cambiamenti che puntano alla sostenibilità e all’efficienza, l’America’s Cup non perderà la sua anima di competizione tecnologica all’avanguardia. Al contrario, si farà ancora più sofisticata. Bernasconi ha sottolineato che, essendo la terza edizione di questa classe, il livello di performance sarà più alto e le regate più equilibrate. “I team non vedono l’ora di partecipare alle regate di flotta e magari di cambiare un po’ il match race, quindi sarà un evento davvero interessante per tutti gli spettatori,” ha aggiunto.
La ricerca della velocità continua, in particolare sui foil. Il limite dei 50 nodi, superato più volte, rimane una sfida intrigante, soprattutto nel tradurre la velocità pura in efficienza su un campo di regata. Bernasconi ha ribadito che c’è “ancora molto da scoprire sugli AC75.” La presenza delle “migliori menti progettuali e ingegneristiche” garantisce che l’innovazione non si fermerà. Le regate di Napoli non saranno solo un test di abilità e strategia, ma una vetrina dell’ingegno umano, una celebrazione dell’ottimizzazione e del progresso tecnologico. L’America’s Cup 2027 sarà un’edizione indimenticabile, un capitolo cruciale nella storia della vela, che dimostrerà che si può essere all’avanguardia non solo nella velocità, ma anche nei valori.

