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Nella notte si è scritta una nuova pagina nello storico annale dell’All Star Game della NBA, evento che anno dopo anno incanta e riunisce appassionati di basket da tutto il mondo. Quest’anno, l’edizione ha introdotto un rivoluzionario formato di competizione che ha sostituito le tradizionali sfide Est contro Ovest, o le più recenti sotto il nome di specifici giocatori, con un inedito torneo fra quattro squadre. Questo cambiamento ha rappresentato un audace tentativo di rinnovare un evento che per alcuni stava perdendo fascino. A sorpresa, si è registrata la prima assenza di LeBron James dopo oltre vent’anni, dovuta a un infortunio. Nonostante questa defezione di peso, il nuovo sistema di gioco ha offerto spettacolo, basando la vittoria non sul tempo, ma sul raggiungimento dei 40 punti.

Un nuovo formato accattivante

Il torneo ha inaugurato la sua nuova formula con un sistema diviso in semifinali e finale. La sfida si è articolata attraverso partite rapide, dove l’obiettivo era raggiungere per primi 40 punti, un meccanismo che ha aggiunto dinamismo e incertezza al risultato fino all’ultimo canestro.

Le Semifinali: gioventù contro esperienza

Nelle semifinali si sono affrontate quattro squadre con distinti background e storie. La prima ha visto il Team Chuck, guidato da Charles Barkley e rappresentante delle Global Stars, prevalere sul Team Kenny di Kenny Smith, detto anche Young Stars, evidenziando l’importanza dell’esperienza sul talento giovanile emergente. Shai Gilgeous-Alexander è emerso come il leader del Team Chuck, mettendo a segno 12 punti. La seconda semifinale ha contrapposto gli OGs, squadra simbolo degli USA d’oro a Parigi 2024 guidata da Shaquille O’Neal, alle Rising Stars di Candace Parker, con Chris Mullin nella veste di GM onorario. Damian Lillard si è distinto per gli OGs, contribuendo significativamente alla loro vittoria.

La finale: un duello all’ultima palla

La finale ha visto una netta affermazione degli OGs, che hanno superato il Team Chuck con un punteggio di 41-25. Protagonisti assoluti del match Jayson Tatum e Steph Curry, il cui apporto offensivo ha largamente superato l’intera produzione avversaria. Curiosamente, Victor Wembanyama del Team Chuck ha quasi eguagliato da solo il punteggio dei suoi, dimostrando le sue straordinarie capacità nonostante la sconfitta.

Conclusioni e riflessioni future

L’introduzione di questo nuovo formato all’All Star Game ha sicuramente portato una ventata di freschezza a un evento che cercava nuovi stimoli. L’assenza di LeBron James non ha scalfito lo spettacolo, anzi ha lasciato spazio a nuovi talenti di emergere e a confermati campioni di dimostrare ancora una volta il loro valore. Resta da vedere se questo formato verrà confermato per le future edizioni, ma il successo di questa sperimentazione sembra preannunciare che la NBA sia sulla strada giusta per mantenere vivo l’interesse intorno alla sua stella più luminosa: l’All Star Game.